Chi siamo? Dove andiamo?
Sono le domande di fondo che accompagnano l’Uomo nel suo cammino
terreno.
Ognuno cerca e ... forse trova risposte attingendo a fonti
differenti: la filosofia, le religioni, la politica, la vita stessa
ecc.
Il periodo storico attuale è sicuramente ricco di interrogativi per
l’Uomo comune (per il cittadino, per il lavoratore, per il
professionista) a causa della complessità della realtà odierna e per
l’evoluzione (o involuzione, secondo alcuni) della società
contemporanea.
La scuola, come ogni altra realtà formativa (naturale e/o
istituzionale), non può chiamarsi fuori dall’educare e dal fornire
saperi alle nuove generazioni per confrontarsi con nuovi problemi,
con nuovi bisogni e soprattutto per contribuire alla soluzione e al
soddisfacimento di questi ultimi attraverso la responsabile
partecipazione di ciascuno alla presa di decisioni che riguardano
popolazioni sempre più numerose, aggregate per scelte politiche ed
economiche (prese ormai a livello mondiale) o per esigenze di
sopravvivenza.
Le scelte educative quindi sono scelte che dovrebbero avere sempre
più valenze orientative.
Orientamento formativo ed educazione permanente sono infatti i poli
di uno degli assi culturali sottesi a tutto il disegno di riforma
del sistema scolastico e formativo italiano.
Orientamento formativo si diceva, cioè un’attività educativa che si
discosta in modo netto dai concetti di orientamento assunti e
tradotti nelle prassi didattiche durante gli ultimi trent'anni.
Orientare nella scuola negli anni ’70 significava “porre l’individuo
in grado di prendere coscienza di sè e di progredire per
l’adeguamento dei suoi studi e della sua professione alle mutevoli
esigenze della vita, con il duplice obiettivo di contribuire al
progresso della società e di raggiungere il pieno sviluppo della
persona ...” (dagli atti del seminario di Bratislava
sull’orientamento scolastico, 1970).
Agli inizi degli anni ’70 in Europa la scuola non vedeva ancora la
frequenza di tutti i bambini, una percentuale ancora alta evadeva
l’obbligo scolastico e soprattutto l’iscrizione dei giovani studenti
alla scuola secondaria superiore era relativamente bassa.
Molti giovani ultimavano i loro studi al compimento dell’età
dell’obbligo scolastico.
Da qui allora l’attenzione posta nella definizione dell’orientamento
scolastico che punta sullo sviluppo della consapevolezza individuale
circa le proprie capacità, attitudini e conoscenze, in funzione
della scelta di un indirizzo scolastico o dell’inserimento del mondo
del lavoro.
Sono trascorsi, ora, trent’anni dall’inizio degli anni ’70 e il
sistema scolastico è significativamente cambiato in Italia e nel
resto d’Europa.
Ma si sono modificati, e di molto, anche la società nella sua
composizione e organizzazione, il sistema produttivo, il mercato del
lavoro, la stessa configurazione dell’Unione Europea (si pensi solo
alla moneta unica, all’abolizione delle dogane, alla libera
circolazione di persone e merci sul territorio europeo, alla
mobilità dei lavoratori, ai progetti europei legati alla scuola [Etrasmus- Comenius- Leonardo, ecc.] e al Fse (Fondo Sociale Europeo)
e alle relative azioni.
In questi trent’anni sono venute meno, almeno in Italia, ma lo
stesso fenomeno ha interessato anche gli altri stati europei, alcune
condizioni: il titolo di studio non garantisce il posto di lavoro e
il titolo di studio non è più garanzia del tipo di professione da
intraprendere.
In parole povere, il titolo di studio (non solo il diploma o la
qualifica, ma spesso la stessa laurea) è sì importante ma non sempre
in grado di consentire al giovane di soddisfare i propri interessi,
le proprie attese o aspirazioni, con un’attività lavorativa
stimolante e gratificante da tanti punti di vista.
I cambiamenti poi introdotti dalle innovazioni tecnologiche nel
mercato del lavoro e nel mondo delle professioni, fanno sì che il
titolo di studio rappresenti certamente una tappa importante, ma
solo una tappa del percorso di orientamento che accompagnerà ogni
individuo per l’intero arco della vita.
Oggi infatti l’orientamento assume una accezione molto diversa da
quelle sopra ricordate e la D.M. (Direttiva Ministeriale) n. 487 del
6 Agosto 1997, emanata dal Ministero della Pubblica Istruzione
(Orientamento scolastico, universitario e professionale) precisa
molto bene il senso con cui intendere il termine orientamento nella
scuola.
L’orientamento è inteso come azione formativa mirante a mettere in
grado i giovani di orientarsi in una società complessa, di decidere
il proprio futuro (Progetto esistenziale) e di partecipare
attivamente negli ambienti scelti.
Spetta alle singole strutture educative/formative definire in modo
preciso queste capacità.
In ogni caso l’orientamento diventa una componente strutturale
dei processi educativi e non più un’attività laterale mirata,
spesso, a risolvere situazioni patologiche. Per questo occorre
introdurre profonde modificazioni nella didattica disciplinare”.
(dalla Direttiva Ministeriale n. 487 del 6 agosto 1997).
In questa direttiva il concetto di orientamento supera le accezioni
con cui negli ultimi trent’anni esso è stato inteso, come pure sono
superati i vari approcci metodologici del “fare orientamento” a
scuola.
Non più, o meglio non solo, informazioni (sulla prosecuzione degli
studi; sugli sbocchi occupazionali ecc.), nè test attitudinali
(approccio clinico) per scoprire eventuali attitudini e/o interessi
personali verso indirizzi di studio o percorsi di lavoro, nè
ricerche d’ambiente finalizzate a riconoscere, in chiave
previsionale, i trend di sviluppo di professioni e/o del mercato del
lavoro.
I cambiamenti introdotti nei sistemi produttivi per effetto dello
sviluppo tecnologico, ma anche i cambiamenti in atto nella società
attuale, quali conseguenze di fenomeni di mobilità sociale, o a
seguito di scelte politico economiche e sociali, richiedono alla
scuola in particolare e alle altre istituzioni di formazione un
concetto diverso di orientamento: orientamento formativo.
Cioè un orientamento rivolto ad una persona che vive, agisce, lavora
e partecipa alla vita del suo tempo.
Quindi l’orientamento agisce a 360 gradi nei confronti del giovane
in formazione ed è continuo per l’intera area della vita.
Di qui il collegamento tra orientamento formativo ed educazione
permanente.
Non si apprende solo a scuola e neppure solo nell’età
scolare, l’apprendimento accompagna l’Uomo durante tutto il suo
percorso di vita: in ogni momento ciascun individuo è chiamato a
orientarsi per risolvere problemi spesso banali della vita di tutti
i giorni oppure trovarsi a risolvere problemi importanti, dalla cui
soluzione dipendono sviluppi della vita del singolo e/o di altre
persone.
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